Da Sirene a Ragazze Interrotte, la Ryder è icona assoluta di una generazione e di un sentimento: la nostalgia
Lo ammetto. Volevo essere Winora Ryder. E lo voglio ancora. Emblema assoluto del cinema degli anni Novanta, America’s sweetheart, icona di stile. Insomma Winora Ryder ha sempre avuto un posto speciale nel cuore di chi scrive. Tutto merito di un pugno di film visti un numero imprecisato di volte che ne hanno consacrato il (personale) mito. E ora che, finalmente, quel decennio meraviglioso che sono stati gli anni Novanta sta tornando prepotentemente in auge grazie a film e serie TV ambientate nell’era di Clinton e delle VHS, del Tamagotchi e dell’egemonia di MTV, qui a Beginners ci sembrava doveroso dedicarle un articolo.
Sedici film in dieci anni, dal 1990 al 2000 (senza contare i precedenti Beetlejuice – Spiritello porcello, Schegge di follia o Great Balls od Fire!), di cui oltre la metà sono degli assoluti cult. Da Edward mani di forbici in cui, biondissima per esigenze di copione, faceva coppia con Johny Depp sul set e nella vita privata (con tanto di tatuaggio di lui sul braccio che recitava Winona Forever – come ti capisco Johnny! – poi modificato in un Wino Forever). Nello stesso anno, il 1990, esce quello che a giudizio insindacabile di chi scrive è forse una delle più belle gemme cinematografiche di quel decennio: Sirene. Un feel good movie con un cast da non crederci: Cher, Bob Hoskins e una piccolissima Cristina Ricci al suo debutto sul grande schermo.
E poi ovviamente lei, Winona, nei panni di Charlotte, ragazzina ebrea ma timorata di Dio con il sogno di farsi suora e una madre collezionista seriale di relazioni fallite che vede la sua incrollabile fede vacillare quando incontra il guardiano del campanile del convento che costeggia la sua nuova casa. Se mi guardo indietro è questo il momento preciso in cui mi sono innamorata di Winona Ryder. Sarà che in Charlotte mi ci rivedevo essendo all’epoca una collezionista anch’io. Non di fidanzatini, sia chiaro, ma di santini! Dopo il film di Richard Benjamin arriva il turno di Jim Jarmusch, anima indie blues del cinema americano, che ne stravolge l’immagine grazie a una t-shirt oversize, un cappellino da baseball al contrario, chewing gum in bocca e una sigaretta tra le dita sporche del grasso del motore delle macchine.
Stiamo parlando di Tassisti di notte, film a episodi in cui l’attrice, nei panni della giovane tassista Corcky, scorrazza per le strade di una Los Angeles al neon un’agente cinematografica con il volto di Gena Rowlands. Nell’episodio il personaggio della Ryder declina una carriera da stella del cinema per seguire il sogno di aprire un’autorimessa tutta sua. Nella vita reale l’attrice, a soli vent’anni, era già il volto del nuovo cinema americano. Al set di Jarmusch seguono tre film giganteschi: Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola (che l’avrebbe voluta anche ne Il padrino – Parte III ma un esaurimento nervoso dell’attrice fece saltare tutto), L’età dell’innocenza di Martin Scorsese (che le regala la sua prima nomination agli Oscar) e La Casa degli Spiriti di Bille August. Tre prove gigantesche per tre film in costume in cui viene diretta da registi strepitosi.
Ma voglio essere onesta fino in fondo. La Winona Ryder che amo con tutto il cuore è un’altra. È quella del rossetto mat e del taglio di capelli corto con la frangia di lato, dei vestiti presi al flee market e degli occhiali da sole con la lente rotonda. Sì, sto parlando di quel manifesto meraviglioso della Generazione X che è Giovani, Carini e Disoccupati. Esordio alla regia di Ben Stiller e puro tripudio della società e della cultura americana degli anni Novanta in cui l’attrice fa coppia sullo schermo con la sua controparte maschile in fatto di icone generazionali: Ethan Hawke.
L’amministrazione Clinton e la paura dell’AIDS, il terrore del futuro di chi si è appena laureato e non sa come affrontare il futuro, lo smarrimento di chi nemmeno ci è andato all’università e nella vita vorrebbe fare l’artista, l’omosessualità e il primo amore adulto – «Vedi Lelaina, non ci serve altro: un paio di sigarette, una tazza di caffè e un po’ di conversazione. Io, te e cinque dollari» rimane una delle frasi più belle del cinema contemporaneo – la campana di vetro di Sylvia Plath e quel senso di libertà, possibilità e terrore che si prova solo a vent’anni. Un film sullo smarrimento generazionale con protagonista il volto di quella generazione (e con una colonna sonora perfetta). Bel colpo Ben Stiller!
Non poteva mancare la grande letteratura americana al femminile e un personaggio, quello di Jo March in Piccole Donne, a regalarle la seconda nomination agli Oscar. Un film dal cast incredibile – Claire Danes, Susan Sarandon, Christina Bale, Kristen Dunst, Gabriel Byrne – su cui svetta lei grazie alla penna di Louisa May Alcott che in quella ragazzina che sogna di diventare scrittrice ha tratteggiato uno dei personaggi femminili più rivoluzionari di sempre. Altro piccolo cult del cuore è Gli anni dei ricordi in cui Winona Ryder è circondata da leggende come Anne Bancroft e Ellen Bursty, Maya Angelou e Lois Smith che raccontano cosa sia per loro l’amore grazie ad una trapunta di patchwork.
Arrivati sul viale del tramonto degli anni Novanta ecco che Winona Ryder convince James Mangold a portare sullo schermo un romanzo, Ragazze Interrotte di Susanna Kaysen, che era finito tra le sue mani in un momento molto complicato della sua vita. Era il 1994, la storia con Johnny Depp era finita portandola a trascorrere una settimana in una struttura medica per cercare di tenere a bada ansia e insonnia. Così la storia di quella ragazza che confondeva il sogno con la vita deve essergli sembrata così vicina da volerle dare voce e corpo in un film diventato senza tempo. La sua ragazza interrotta è, ancora oggi, un punto di riferimento cinematografico per tutte quelle persone che, ad un certo punto della vita, hanno perso la rotta e si sono sentite perse e confuse.
Chiude il decennio Autumn in New York, drammone sentimentale con Richard Gere a cui segue, un anno dopo, l’arresto per cleptomania (Free Winona!). Nel decennio successivo l’attrice prende parte a diversi film in ruoli minori (Ingannevole è il cuore più di ogni cosa) e in progetti sperimentali come A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare di Richard Linklater. Ma è all’inizio del decennio successivo, il 2010, che la sua carriera inizia la risalita. Merito di Darren Aronofsky che la vuole ne Il Cigno Nero. Anche se è il piccolo schermo che le regala un nuovo spazio per esprimersi. E non stiamo parlando solo di Stranger Things (anche se la genialata dei Duffer Brothers di prendere per la loro serie un’icona degli anni a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta è notevole). Stiamo parlando di Show Me a Hero, miniserie con un gigantesco Oscar Isaac in cui l’attrice ha un ruolo piccolo ma ricco di sfumature e de Il Complotto contro l’America in cui partecipa all’adattamento del romanzo omonimo di Philip Roth.
E il futuro? Nel 2023 la vedremo in Haunted Mansion, una commedia horror soprannaturale diretta da Justin Simien in cui condivide lo schermo con un altro gruppetto di star come Rosario Dawson, Owen Wilson, Tiffany Haddish, Jared Leto, Danny DeVito e Jamie Lee Curtis in un film ispirato alla famosa attrazione del parco Disneyland. Ma torniamo un attimo a quel decennio magico che cambiò tutto. Un decennio intriso già all’epoca di nostalgia. Un decennio che l’ha resa icona e l’ha cristallizzata per sempre in un determinato ruolo. La ragazzina brillante e un po’ tormentata che soffriva d’insonnia e portava sempre con sé una copia de Il Giovane Holden. Ce ne siamo innamorati di quella ragazzina che sorrideva abbassando lo sguardo perché con i suoi ruoli ha rappresentato l’adolescenza e i bagliori dell’età adulta. Un periodo fatto di scoperte e paure che custodiamo tutti nel cuore. E così Winona Ryder è diventata l’emblema della nostra adolescenza, spesso sinonimo di nostalgia e tenerezza. Guardare lei era come vedere noi riflessi e scoprire che, dopotutto, ce l’avremmo fatta e che avere paura o non sentirsi all’altezza andava bene… Winona Forever.